venerdì 13 agosto 2010

Biodiversità, zone umide e direttive europee

Le "zone umide" sono le "aree quali stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e artificiali permanenti con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata, comprendendo aree marittime la cui profondità in condizioni di bassa marea non supera i sei metri" (Convenzione internazionale di Ramsar). La Convenzione di Ramsar è il primo vero trattato intergovernativo con scopo globale, nella sua accezione più moderna, riguardante la conservazione e la gestione degli ecosistemi naturali.
Sono generalmente ambienti di transizione con funzioni “tampone” tra terra e mare (es. lagune), tra terra e fiumi (es. paludi perifluviali) o tra terra e ghiacciai (torbiere alpine) e sono caratterizzati da significative variazioni del livello d'acqua sia giornaliere (es. ambienti sotto l'influsso delle maree) che stagionali (es. lanche fluviali, il cui apporto idrico dipende dalle portate fluviali), da una ricca vegetazione acquatica e da un'alta produttività ecologica.
Sono tutte riconosciute dalla Convenzione di Ramsar, che nel mondo conta ben 1.675 siti.
Sebbene ricoprano solo il 6% circa della superficie terrestre, le zone umide sono tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità del Pianeta. Se quantificassimo “economicamente” la loro funzionalità, calcolando che gli ecosistemi nel loro insieme provvedono per 33 mila miliardi di dollari l’anno ai fabbisogni dell’uomo, potremmo verificare che circa il 26% di questi provengono dalle sole acque interne.
Per questo è fondamentale impegnarsi nella tutela del patrimonio naturale umido sopravvissuto. Le zone umide provvedono a mantenere i livelli di falda, a controllare le inondazioni e i processi di erosione, al consolidamento delle rive, a trattenere i sedimenti e i nutrienti e a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici. Sono fonte di sostentamento per le popolazioni locali e luoghi fondamentali per la produzione di cibo e altri materiali. Rappresentano inoltre importanti vie di trasporto e sedi privilegiate per il turismo e la ricreazione.
Nel tempo le zone umide hanno subito una drastica diminuzione: in Italia, tra il 1938 e il 1984, abbiamo perso il 66% degli ambienti umidi. Nel mondo, circa il 26% delle aree umide sono state prosciugate per far posto all’agricoltura o interrate per lo sviluppo urbano. La perdita e il degrado degli ambienti umidi non si è mai fermato: ancora oggi, sono seriamente minacciate vaste aree di importanza nazionale e internazionale
Le zone umide rappresentano un importante serbatoio di biodiversità. Si stima che a questi ambienti siano legate circa il 12% delle specie animali del pianeta e considerando anche le specie vegetali si arriva al 40% complessivo. Quasi il 50% delle specie di uccelli presenti in Italia sono legate a zone umide, sia interne che costiere e marine, considerando sia i nidificanti che gli svernanti e le specie di passo durante le migrazioni. Nel tempo le zone umide hanno subito una drastica diminuzione, solo in Italia, tra il 1938 e il 1984, abbiamo perso il 66% degli ambienti umidi.

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